La sentenza in esame riveste una notevole importanza nell’ambito del diritto assicurativo. Con questa pronuncia, infatti, la Corte Costituzionale ha stabilito che le tabelle sul risarcimento del danno biologico in riferimento alle cd. micropermanenti non sono incostituzionali.

In particolare, ha dichiarato infondate le questioni di legittimità sollevate da numerosi Tribunali (i cui ricorsi sono stati riuniti per identità dell’oggetto), e ha chiarito ogni dubbio interpretativo che per lungo tempo ha animato un acceso dibattito dottrinale circa la legittimità dell’articolo 139 del Codice delle Assicurazioni.

Numerose le questioni analizzate nella lunga e articolata pronuncia, di cui la più importante concerne, senza dubbio, la confermata validità della scelta del legislatore nello stabilire diversi e specifici criteri per la determinazione del risarcimento del danno biologico per lesioni lievi, derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli e dei natanti.

Secondo la Corte, l’art. 139 del Codice delle Assicurazioni, che ha introdotto il meccanismo tabellare di risarcimento del danno esclusivamente per tale tipologia di lesioni, è pienamente conforme alla Costituzione in ragione del fatto che la peculiare regolamentazione del regime differenziato nel settore RCauto ivi prevista è giustificata dall’obbligatorietà della copertura assicurativa che, diversamente dagli altri settori, offre una maggiore tutela ai danneggiati consistente in una sicura garanzia dal rischio di insolvenza del debitore.

In ragione di ciò, la Corte esclude nettamente un contrasto dell’art. 139 Cod. Ass. con l’art. 3 della Costituzione osservando che «la prospettazione di una disparità di trattamento − che, in presenza di identiche (lievi) lesioni, potrebbe conseguire, in danno delle vittime di incidenti stradali, dalla applicazione della normativa impugnata, in quanto limitativa di una presunta maggiore tutela risarcitoria riconoscibile a soggetti che quelle lesioni abbiano riportato per altra causa − è smentita dalla constatazione che, nel sistema, la tutela risarcitoria dei danneggiati da sinistro stradale è, viceversa, più incisiva e sicura, rispetto a quella dei danneggiati in conseguenza di eventi diversi». Infatti – prosegue – «solo i primi, e non anche gli altri, possono avvalersi della copertura assicurativa, ex lege obbligatoria, del danneggiante – o, in alternativa, direttamente di quella del proprio assicuratore – che si risolve in garanzia dell’an stesso del risarcimento».

In altri termini, Il Giudice delle Leggi “compensa” la minore consistenza del risarcimento del danneggiato da un sinistro stradale con la certezza della soddisfazione del suo credito che è sempre possibile – anche in caso di mancanza o scopertura assicurativa del veicolo danneggiante – potendo egli anche attingere al Fondo di Garanzia per le vittime della strada, cui concorrono ex lege le compagnie assicuratrici, perseguendo anche fini solidaristici. Tale forte tutela risarcitoria, ovviamente, va ad incidere sui premi assicurativi a carico dell’assicurato, circostanza questa che – precisa la Corte – rende «ancor più equo e corretto il meccanismo tabellare di risarcimento del danno introdotto dall’art. 139 del Cod. Ass.» sul presupposto che «l’interesse risarcitorio particolare del danneggiato deve comunque misurarsi con quello, generale e sociale, degli assicurati ad avere un livello accettabile e sostenibile dei premi assicurativi».

A corredo della sua argomentazione, e soprattutto, della giustezza della decisione adottata, richiama il contenuto del comma 3 dell’art. 139 che riconosce al giudice la possibilità di aumentare fino ad un quinto l’importo liquidabile ai sensi del precedente comma 1, con «equo e motivato apprezzamento» e tenendo conto, «delle condizioni soggettive del danneggiato», consentendogli, dunque, di adeguare il quantum del risarcimento al caso concreto.

Con la sentenza in oggetto, la Consulta offre anche altri importanti chiarimenti.

Dichiara la piena retroattività della disciplina normativa esaminata anche ai sinistri occorsi prima della entrata in vigore della legge, osservando che dette disposizioni, in quanto non attinenti alla consistenza del diritto al risarcimento delle lesioni in questione, bensì solo al momento successivo del suo accertamento in concreto, vanno conseguentemente applicate anche ai giudizi in corso.

Infine, un’altra importante questione esaminata dalla Corte concerne la lamentata “non prevista liquidabilità del danno morale nell’art. 139 del Codice delle Assicurazioni”. Sul punto, richiamando la nota sentenza delle SS. UU. 26972/ 2008, ribadisce che «il danno morale − e cioè la sofferenza personale suscettibile di costituire ulteriore posta risarcibile (comunque unitariamente) del danno non patrimoniale, nell’ipotesi in cui l’illecito configuri reato − rientra nell’area del danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente», con facoltà, comunque, del Giudice di avvalersi della possibilità di incremento del citato dell’ammontare del danno biologico, secondo la previsione, e nei limiti, di cui alla disposizione del comma 3 art. 139.

In applicazione dell’orientamento richiamato, la Corte conclude che il danno morale non potrà essere liquidato come autonoma voce di danno, spettando al Giudice di merito tenere conto delle sofferenze soggettive patite dalla vittima, aumentando caso per caso la liquidazione del danno biologico soltanto ove il danneggiato dimostri di avere patito in conseguenza delle lesioni un nocumento particolare.