Personalizzazione del danno tra danno morale e dinamico-relazionale

Una recente sentenza della Suprema Corte – Cass. n. 2788/2019 – ritorna sulla vexata quaestio delle differenze tra il cd. danno morale ed il danno dinamico-relazionale nonché le implicazioni sulla conseguente liquidazione del danno.

La citata sentenza, dopo un interessante excursus sulla giurisprudenza costituzionale e della medesima Corte, ha riformato la sentenza di appello laddove, nella valutazione del danno, ha omesso di personalizzarlo con riguardo alle “eccezionali conseguenze dannose che, rispetto a quelle (da ritenere) incluse nello standard statistico sintetizzato dal punto d’invalidità, permettano e anzi, quando del caso, impongano un incremento rispetto a quel range”.

Tutto ciò avendo come aggancio normativo le modifiche introdotte recentemente all’art. 138 del codice delle assicurazioni private (Decreto Legislativo 9 settembre 2005, n. 209). Infatti, mentre il comma 2, lettera e) disciplina il cd. danno morale – ovvero l’aspetto della sofferenza interiore – il successivo comma 3 disciplina il cd. danno dinamico-relazionale (“3. Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personalidocumentati e obiettivamente accertati, l’ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella unica nazionale di cui al comma 2, può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 30 per cento.”).

Ulteriore punto di riforma riguarda un altro aspetto ovvero il danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale. Secondo i giudici della Suprema Corte, a fronte di accertate lesioni di non lieve entità (il 30% nel caso di specie) la valutazione dei giudici dell’appello secondo cui “non sono riscontrabili nella specie macrolesioni o danni fortemente invalidanti” si risolve in una “apodittica negazione di quanto ragionevolmente è riferibile alla normalità di rapporti di convivenza coniugale […] Laddove la locuzione “ragionevolmente riferibile” sta a significare il minimo comun denominatore delle conoscenze e degli apprezzamenti che, in un dato momento storico, vengono riferiti a quella relazione di vita”.

Tale sentenza semplifica per gli stretti parenti del macroleso la dimostrazione del danno parentale che può dirsi quasi sempre presunto e liquidabile quasi senza necessità di attività istruttoria specifica.

Sentenza Cassazione Sez.3 2788/2019